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lunedì 21 ottobre 2013

Moralisti dell'incontrario, il potere e la questione morale

Non passa giorno che i moralisti dell'incontrario, ovvero i servili pompieri mediatici di Pdl e Pdmenoelle, spargano letame addosso al MoVimento 5 Stelle, timorosi che le denunce, le rivendicazioni e le proposte dei pentastellati possano, in qualche modo, turbare i sonni e gli affari del Palazzo.

Il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco, al cardinale, diventan tristi se noi piangiam”...

In fondo, si domandano i moralisti di cui sopra: cosa c'è che non va in Italia? 

Non c'è disoccupazione, l'aria è pulita, le biblioteche e i musei sono aperti giorno e notte, le nostre scuole ed università assicurano il futuro alle giovani generazioni...

Le banche prestano soldi alle Pmi ed alle giovani coppie che vogliono acquistare una casa...

La giustizia funziona, il fisco fa pagare le tasse a tutti secondo i beni che possiedono e a quanto guadagnano, la mafia, la camorra, la 'ndrangheta sono state debellate sia nel povero sud che nel prospero nord della penisola, la trattativa Stato-Mafia è stata completamente svelata e tutti i colpevoli sono stati puniti...

L'informazione dà conto con chiarezza della vita economica e politica del Paese, i responsabili dei crack di  Mps, Alitalia Telecom sono stati assicurati alle patrie galere, solo la legge (senza amnistie) tutela i diritti e i doveri, anche il più debole dei cittadini è sacro, la politica è diventata finalmente l'arte del necessario...

Può una persona di buon senso, che non sia politicamente disturbata da manie servili, credere in questa (ir)realtà, ovvero affermare che del contrario di tutto ciò non abbia alcuna responsabilità chi ha amministrato l'Italia negli ultimi cinquant'anni?

In verità, ancor prima del crollo del Muro di Berlino, la politica italiana si era già ridotta ad un mercato per la conquista di voti (quelli mafiosi compresi), sostituendo le ideologie con le mitologie del denaro, della carriera, della ricchezza individuale, dell'esaltazione della vita comoda e bella, con buona pace dei moralisti dell'incontrario.

Tutto molto simile al mondo americano raccontato da Tom Wolfe nel suo romanzo “Il Falò delle Vanità”, una sorta di manifesto, di brodo di coltura, per quella che nel 1994 si materializzò come la discesa in campo del Caimano.

In un Paese come il nostro, di per sé frammentato, diverso da una regione all'altra per la sua storia, i suoi dialetti, i suoi costumi, la sua geografia, i nuovi valori introdotti dal pragmatismo berlusconiano -consenziente la sinistra dei Violante e D'Alema- ebbero effetti catastrofici, causando un'irreparabile disgregazione tra ceti sociali, tra generazioni e tra culture.

Nel frattempo, furono gli stessi moralisti dell'incontrario a definire la “questione morale” un arcaico relitto del passato, al punto da convincere compagni e camerati che “un certo tasso di criminalità" faceva parte integrante dello sviluppo, della cosiddetta modernizzazione del paese.

E' veramente impressionante, in proposito, sentire ancor oggi questi irresponsabili untori definire “antipolitica”  il modo di porsi e di agire del MoVimento 5 Stelle che, di fatto, è oggi l'unica forza politica, in Italia, ad aver declinato la “questione morale” nell'unico modo possibile, semplicemente “non rubare”, nonché concepito la conquista del potere soltanto quale mezzo per migliorare la vita dei cittadini.

sabato 31 agosto 2013

Politica controcorrente: La lezione di Pierre Rosanvallon

Da coloro che detengono il potere, il sentimento di sfiducia, inteso come distacco e disaffezione dei cittadini dalle proprie istituzioni rappresentative, è spesso sbrigativamente liquidato con il termine di “antipolitica”.

In particolare per la nostra impresentabile classe politica, in ciò spalleggiata dai media di regime, ogni richiamo a principi quali l'onestà, la giustizia, il rispetto della Carta costituzionale e dei diritti di cittadinanza, produrrebbe addirittura effetti negativi su quella stabilità politica richiesta dai mercati (?).

Tanto da far credere a milioni di italiani che, nonostante le condanne definitive e le indagini giudiziarie in corso, non esiste alternativa a questo sistema dei partiti: ovvero, Hic Rhodus, hic salta.

Ma c'è anche chi, come lo studioso transalpino Pierre Rosanvallon, dà di tutto ciò una lettura decisamente controcorrente.

Per lui, infatti, la “sfiducia”, lungi dal rappresentare il sentimento passivo dell'antipolitica, assolverebbe alla precisa funzione di “vigilare affinché il potere eletto mantenga i suoi impegni”, alla stregua di un contro-potere, mirato a correggere l'azione politica e ad incalzare i governi a rendere conto del loro operato.

In questi termini la sfiducia, in quanto espressione dei poteri indiretti presenti nella società -secondo Rosanvallon- deve essere considerata una vera e propria forma politica, inclusa nel concetto stesso di democrazia moderna.

E questa trasformazione dell'ambito partecipativo ed espressivo ha trovato,in questi anni, un formidabile alleato nella Rete, nella sua accezione di spazio libero e generalizzato di vigilanza e valutazione del mondo.

La massima considerazione attribuita da Pierre Rosanvallon alla cosiddetta “società della sfiducia”, ha fatto sì che l'ambiente accademico lo tacciasse d'essere un'ottimista visionario.

Invece: come ampiamente dimostrato nelle recenti elezioni politiche nel nostro Paese e, in misura seppur minore, in altre realtà europee, il pensiero di Rosanvallon ha trovato più d'una conferma.

Se è pur vero, infatti, che l'obiettivo dichiarato dallo studioso francese è quello di descrivere le conseguenze della sfiducia sulla società, piuttosto che sul sistema politico-elettorale, è altrettanto vero che la sua “lezione” è, oggi, di grande utilità per comprendere la più recente storia politica europea.


Fenomeni quali, ad esempio, la centralità della dimensione della vigilanza dei cittadini nella proposta politica, oppure l'uso di Internet come luogo e forma di nuove espressioni dell'organizzazione del consenso e, infine, l'affermazione di nuovi attori (MoVimento 5 Stelle in Italia, Partito Pirata in Germania, ecc.), dimostrano l'ampia diffusione raggiunta dalla contro-democrazia popolare, ormai matura per sostituire definitivamente il corrotto sistema dei vecchi partiti.