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giovedì 9 ottobre 2014

Crimini ambientali, animali a rischio estinzione

Messo di fronte alle stragi quotidiane causate dai tanti focolai di guerra pericolosamente accesi sul nostro pianeta, il tema della progressiva estinzione delle specie animali potrebbe anche essere considerato, per certi versi, non meritevole di tanta attenzione: eppure, secondo un recente rapporto del Wwf, a fronte di una popolazione umana in costante aumento a partire dagli anni settanta, gli appartenenti al regno animale si sono drasticamente ridotti, con grave rischio per l'intero ecosistema nonché per la nostra stessa sopravvivenza.

Secondo gli ambientalisti, infatti, ben il 60% degli elefanti delle foreste dell'Africa centrale e occidentale denota una costante decrescita, la popolazione dei leoni del Mole National Park del Ghana è diminuita addirittura del 90%, e la stessa tragica sorte sta per toccare anche i rinoceronti, gli oranghi, gli uccelli migratori, i lupi, gli orsi e i cetacei.

Basti pensare, al riguardo, che solo nel corso dell'ultimo anno sono stati ammazzati tra i 22.000 e i 25.000 elefanti (ad una media di 70 al giorno), mentre in Sudafrica negli ultimi 7 anni si è passati da 13 agli attuali 1.004 rinoceronti uccisi: allarme rosso, poi, per un altro animale ormai pericolosamente avviato sulla china dell'estinzione come la tigre, di cui si conta la soppressione di ben 1.400 esemplari in 10 anni, su una popolazione di poche migliaia.

Questa ennesima catastrofe criminale sta ormai distruggendo non solo i sistemi naturali e le biodiversità, bensì sta letteralmente devastando l'esistenza di interi gruppi sociali autoctoni, oltre che rendere tutti, noi occidentali compresi, immensamente più poveri ed esposti ad ignoti rischi per la nostra stessa salute.

Per non dire del coinvolgimento della criminalità internazionale in questa piaga che sta minando il futuro della Terra: a tale proposito, secondo il Living Planet Report, il commercio degli animali, in particolare di quelli esotici, rappresenterebbe il quarto mercato illegale mondiale, subito dopo quello della droga, armi ed esseri umani, con un giro d'affari di 23 miliardi di dollari l'anno.

Tutto ciò, in un contesto di crimini ambientali diffusi come la deforestazione, il bracconaggio, la pesca di frodo, le estrazioni illecite, scarichi abusivi di rifiuti tossici, che contribuiscono a far lievitare il costo di tali nefandezze fino a 213 miliardi di dollari ogni anno, com'è ampiamente dimostrato dalle indagini condotte da Unep (Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e Interpol.


martedì 8 luglio 2014

Spreco alimentare: ogni anno otto miliardi di cibo finiscono nella spazzatura

Nonostante la crisi economica, le cattive abitudini rimangono dure a morire: secondo quanto emerge dal Rapporto 2014 di Waste Watcher Knowledge for Expo (l'osservatorio attivato da Last minute market) presentato in questi giorni a Milano, nel nostro Paese finirebbero nella spazzatura ben 8,1 miliardi di euro di cibo l'anno, equivalenti a circa 6,5 euro settimanali per ogni famiglia.

Dal sondaggio condotto emerge, altresì, che il 63% delle persone intervistate si dichiara più propenso ad un'Italia vigile contro gli sprechi, prima ancora che equa, solidale, tollerante, sicura, nonché rispettosa dell'ambiente: l'81% del campione dichiara, al riguardo, di controllare se il cibo scaduto è ancora commestibile prima di gettarlo, mentre il 30% ammette di portarsi a casa le pietanze avanzate al ristorante.

La percezione della maggioranza degli italiani (60%) è che la piaga dello spreco riguardi maggiormente il cibo, più che l'acqua (37%) o l'energia elettrica (20%): in quest'ottica, viene chiesto alle istituzioni d'intervenire con una vera e propria campagna di educazione alimentare nelle scuole, oltre alla divulgazione di informazioni (considerate utili dal 94%) sul tema dello spreco e sui danni da questo provocati sull'ambiente.

Inoltre, mentre ben il 90% degli intervistati dichiara di leggere sistematicamente sulle etichette la data di scadenza dei cibi e l'83% afferma di conoscere la differenza tra “data di scadenza” (within) e “preferenza di consumo” (best before), solo poco più della metà del campione ha dimostrato viceversa di conoscerne realmente il significato.

Tra le innovazioni più auspicate primeggiano, infine, quelle relative all'introduzione della tecnologia intelligente per il confezionamento, con packing che virano colore per dimostrare la freschezza del cibo (76%), ma anche sistemi di monitoraggio delle temperature del frigorifero (75%), nonché sistemi per la pianificazione della spesa  alimentare (67%).

lunedì 30 giugno 2014

Mobilità sostenibile: AirPod, ad aria compressa e inquinamento zero

Potrebbe rivelarsi davvero una scommessa vincente per il futuro dell'industria automobilistica italiana, messa letteralmente in ginocchio dalla crisi del settore motoristico a livello mondiale: il fatto che a Termini Imerese (Palermo) l'ex fabbrica Fiat potrebbe occuparsi dell'assemblaggio di utilitarie ibride prodotte della neo costituita Grifa Spa (Gruppo italiano fabbriche automobili), rappresenta senz'altro un segnale positivo in questa direzione.

Nel frattempo a Bolotana, area economicamente depressa della Sardegna, la società Airmobility ha annunciato di essere pronta a mettere sul mercato AirPod, la prima vettura alimentata ad aria compressa, ideata dal francese Guy Nègre, titolare di Mdi (Motor development international).


Si tratta di una rivoluzionaria due posti ad aria compressa, capace di percorrere 100 chilometri ad una velocità massima di 80 Km/h con una spesa di soli 4 euro, che potrà essere rifornita di presso apposite stazioni (2,5 minuti per il pieno), oppure direttamente da una presa di corrente con un consumo pari a 10 kW (3,5 ore per un pieno): l'auto entrerà sul mercato con un modello base al costo di 7.500 euro.

L'introduzione di questa tecnologia consentirà, inoltre, un'alternativa realmente sostenibile all'uso del carburante tradizionale, proiettando la speranza verso un'era del trasporto urbano eco-compatibile e rispettoso dell'ambiente: con i suoi 280 chili di peso, AirPod è infatti realizzata interamente in un materiale composito di fibra di vetro e resina poliestere con una capacità, in caso di incidente, di assorbimento dell'urto da due a quattro volte superiore alle carrozzerie tradizionali.

mercoledì 18 giugno 2014

Ambiente: il robot che produce energia pulita

Parte dalla Sicilia, più precisamente dall'Irssat di Misterbianco (CT), la nuova frontiera del riciclo dei rifiuti organici prodotti a livello domestico che, alla fine di un processo di pre-compost, saranno in grado di produrre biogas ed energia elettrica.

Il progetto, finanziato dalla Commissione europea nell'ambito del programma Life Plus e denominato No.Waste, è stato presentato nell'ambito della manifestazione “Green Week”, tenutasi recentemente a Bruxelles.

Le ricerche condotte dall'Istituto siciliano hanno permesso di mostrare che se il robot No.Waste fosse utilizzato da una popolazione di 10-15 mila persone, la resa annua in termini di produzione di energia elettrica consentirebbe addirittura un risparmio economico di circa 70-100 mila euro l'anno, secondo le attuali tariffe degli enti di gestione italiani.

L'Irssat ha realizzato un piccolo robot capace di triturare i rifiuti organici casalinghi, agevolandone al contempo la trasformazione in pre-compost: il prodotto così ottenuto, verrebbe successivamente ritirato dalle abitazioni ogni una-due settimane, per essere sottoposto ad una seconda fase di lavorazione, che porterà alla produzione di biogas.

Il gas così generato potrà, a sua volta, essere utilizzato come fonte energetica primaria, o subire un'ulteriore trasformazione in energia elettrica: la frazione residua finale del processo, sarà comunque un compost di alta qualità, ottimo come biofertilizzante da utilizzare in agricoltura.

lunedì 16 giugno 2014

Auto elettriche novità: Tesla Motors abbatte il muro e diventa open source

Si tratta di un vero e proprio atto rivoluzionario, anche se per qualche verso c'era da aspettarselo: Elon Musk, creatore della Tesla Motors, ha infatti annunciato al mondo che le sue auto elettriche saranno open source, ovvero che le tecnologie Tesla potranno essere liberamente copiate, senza correre il rischio di finire sul banco degli imputati per aver infranto il diritto di proprietà intellettuale.

L'ingegnere elettrico, inventore e fisico originario della Serbia, poi naturalizzato statunitense, Nikols Tesla, cui si devono tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento parecchi contributi nel campo dell'elettromagnetismo, oltre ad aver scoperto la corrente alternata, fu infatti anche un accanito sostenitore dell'energia libera per tutti.

Nonostante ciò, a prevalere furono le logiche di mercato, tanto che oggi ci ritroviamo ogni bimestre a pagare la nostra bolletta, anche se, grazie alla decisione di Musk, in futuro le cose potrebbero cambiare: dal suo punto di vista, infatti, i brevetti rappresenterebbero un ostacolo alla crescita, visto che il mercato statunitense delle auto ecologiche rappresenta ancor'oggi una piccolissima nicchia.

Con l'eccezione della California, dove le leggi impongono nel triennio 2014-2017 che almeno il 14% dei veicoli venduti in quello Stato da ciascuna casa automobilistica deve essere ad emissioni zero: ciò significa che i veri competitors della Tesla Motors non sono le altre auto elettriche, bensì il grande parco macchine ancora a benzina, attualmente in circolazione.

Così, per mostrare anche in modo concreto la nuova filosofia open source, Elon Musk ha fatto letteralmente abbattere il muro che recingeva la sede centrale della fabbrica a Palo Alto, in California: grazie a questa mossa, Tesla Motors otterrà senz'altro una maggiore visibilità sul mercato, considerato altresì che si sta già ostruendo una fabbrica per batterie al litio, da 5 miliardi di dollari.


domenica 6 aprile 2014

Arriva Biofore, l'auto alimentata a legna

Tra le tante novità ispirate al concetto di eco-sostenibilità, messe in mostra all'ultimo Salone dell'automobile di Ginevra, la Biofore è l'unica concept-car che può realisticamente fregiarsi dell'appellativo “all nature”.



La sua carrozzeria, ad esempio, è stata prodotta utilizzando materiale bio-composito derivante da fibre rinnovabili, mentre il pavimento, la consolle centrale, il cruscotto ed i rivestimenti interni, sono stati ricavati da pannelli di legno termoforati con presse ad alta temperatura.

Nata dalla collaborazione tra la società finlandese UPM (United Papers Mills), ditta specializzata nella lavorazione della carta, e la Metropolitan University di Helsinki, la Biofore deve sia le proprie forme innovative, sia la scelta dei materiali costruttivi, a quattro anni di lavoro svolto da un team di studenti universitari, guidati dal noto designer Juha Tuomola.

Se si escludono i cristalli e gli indispensabili componenti elettronici, l'unico elemento della Biofore realizzato in leghe e metalli è il motore, un tre cilindri 1.2 diesel della Volkswagen, la cui alimentazione è stata sostituita con il BioVerno, un combustibile derivato dal legno estratto da alcune raffinerie nei pressi della città finlandese di Lappeenranta.

lunedì 13 gennaio 2014

Energie rinnovabili, arriva la batteria di flusso low cost

Il fatto stesso che l'energia prodotta da sole e vento, una volta trasformata in gigawatt, possa essere immessa in rete sotto forma di energia elettrica, rende sempre più importante la ricerca di modi sempre più efficaci e convenienti, per poter immagazzinare queste fonti di energia rinnovabile.

Ciò in considerazione del fatto che i problemi legati allo stoccaggio dell'energia prodotta in modo discontinuo rappresentano, ancor oggi, uno dei punti deboli che impediscono alle rinnovabili di prendere decisamente il sopravvento.

Ora, a quanto pare, le cose potrebbero cambiare: come rivela Michael Aziz, scienziato presso la Harvard University di Cambridge, in Massachusetts, infatti, la soluzione risiede tutta in una rivoluzionaria batteria di flusso low cost, capace di immagazzinare ed erogare energia ad alta densità, senza il bisogno di ricorrere all'utilizzo di metalli costosi.

Nella ricerca, pubblicata sul portale scientifico Nature, viene descritto innanzitutto il grande vantaggio di queste batterie di flusso in termini di capacità di stoccaggio di energia su larga scala: fino ad oggi, le poche decine di batterie di flusso più avanzate si affidano tutte agli ioni di vanadio, come sarà anche per la più grande del mondo, che il Giappone avrà pronta per il 2015.

Ma il problema è che il vanadio è molto costoso, tanto che negli ultimi decenni i ricercatori hanno studiato molti altri elementi chimici da utilizzare e combinare per la raccolta delle energie rinnovabili, anche se pochi di questi si sono alla fine rivelati idonei allo scopo.

Anche per questi motivi, gli studi di Michael Aziz si sono concentrati sul mondo della chimica organica, fino alla scoperta di una sostanza capace di fornire delle prestazioni molto simili a quelle del vanadio, ad un costo nettamente inferiore: il chinone.

Una siffatta batteria di flusso, infatti, avrà la capacità di conservare un kilowattora di energia prodotta, al modico prezzo di 27 dollari, ovvero ad un terzo del costo richiesto dalla batteria di flusso al vanadio: ulteriori miglioramenti, inoltre, potrebbero renderla competitiva anche per immagazzinare grandi quantità di energia, come l'aria compressa.

In conclusione, pur necessitando l'invenzione di Michael Aziz di una definitiva messa a punto, quantomeno per avvicinarsi il più possibile alle prestazioni delle batterie di flusso al vanadio, è certamente possibile affermare che ha aperto la strada per una nuova generazione di accumulatori di energia sempre più efficienti.

venerdì 10 gennaio 2014

E' Hong Kong la capitale dei rifiuti tecnologici

Nel sud della grande nazione cinese, più precisamente nella provincia di Guangdong, si trova il grande centro di riciclaggio di Huaqing, dove circa tremila addetti lavorano incessantemente al riciclaggio degli scarti del materiale elettrico ed elettronico.

Nell'impianto di Huaqing, secondo soltanto a quello di Pechino, giacciono da anni in enormi magazzini vecchi televisori e schermi di computer, in attesa dell'ampliamento di questa struttura, con l'attivazione di uno specifico settore che si occupi di quel tipo di rifiuti.

Nonostante già a partire dal 2002 sia proibita per legge l'importazione dall'estero di rifiuti elettronici, non è certo per caso che a sole due ore di macchina, a sud dell'impianto di Huaqing, si trovi il grande porto dell'ex colonia britannica di Hong Kong.

Ogni giorno, attraverso le sue grandi banchine transitano decine di migliaia di container, ivi compresi quelli che trasportano illegalmente computer, televisori, telefoni cellulari ed ogni sorta di elettrodomestici che i paesi occidentali buttano via in quantità industriali.

Basti pensare, al riguardo che, nei soli Stati Uniti d'America, vengono mandati ogni giorno in discarica circa 150 mila computer: pur se la convenzione di Basilea vieta, da oltre vent'anni, l'esportazione di e-waste dai paesi ricchi a quelli in via di sviluppo, ancor oggi circa tre quarti dei rifiuti elettronici di Europa e America, viene caricato sulle navi e registrato come “rifiuti ferrosi”.

Nonostante l'operazione record del 2007, quando le autorità doganali di Hong Kong misero sotto sequestro 24 container illegalmente carichi di schermi TV e computer usati, per un totale di 200 tonnellate, occorre purtroppo prendere atto che la maggior parte di questi rifiuti sfugge ai controlli.

Anche perché, il più delle volte, questo genere di materiale elettronico viaggia mischiato con carichi del tutto legali, come le auto usate, per essere poi spedito in paesi in via di sviluppo, in primo luogo la Cina, oltre che in India e Africa occidentale.

lunedì 6 gennaio 2014

Dalla signora Benz all'auto di serie alimentata ad idrogeno

E' passato molto più di un secolo da quando Bertha, la moglie di Karl Benz, l'ingegnere tedesco a cui viene attribuito il merito di aver progettato la prima automobile, prese di nascosto la sua Motorwagen e partì, portando con sè i figli, per un viaggio di 200 chilometri: in realtà, la scappatella di Bertha rappresentò un riuscito escamotage per pubblicizzare la straordinaria invenzione del marito.

Quell'auto a tre ruote non superava i 15 chilometri orari, tanto che il viaggio della signora Benz e dei propri figli si protrasse per ben due giorni, ma la trovata funzionò, eccome: tanto che oggi, in tutto il mondo, si stima circolino un miliardo di automobili, la maggior parte delle quali funzionano, purtroppo, ancora grazie a un motore a combustione interna come quello di Benz.

Fino agli anni recenti, nei quali, grazie all'effetto combinato delle crisi petrolifere e di una sempre più diffusa coscienza ambientale, le maggiori case automobilistiche hanno deciso di investire in nuove tecnologie eco-compatibili: con la produzione di veicoli ibridi, il cui primo vero impulso risale ormai al 1997, anno dell'uscita della capostipite Toyota Prius.

Ed è la stessa casa automobilistica giapponese ad aver annunciato, proprio in questi giorni, di aver pronta per il 2015  la prima auto di serie alimentata ad idrogeno, che dovrebbe dare la spinta decisiva ad un vero e proprio cambiamento epocale: a Nagoya la chiamano Ultimate Eco Car, ovvero l'auto ecologica definitiva, sia perché avrà emissioni zero, sia perché la sua autonomia sarà libera da limitazioni, come avviene per le attuali auto elettriche.

La Ultimate Eco Car, infatti, l'energia la produce a bordo, facendo combinare l'idrogeno con l'ossigeno contenuto nell'aria, all'interno di una scatola detta stack, contenente vere e proprie pile capaci di trasformare l'energia chimica in energia elettrica, producendo solo acqua in forma di vapore e zero di anidride carbonica, o di qualsiasi altro agente inquinante come particolato, ossidi di azoto, monossido o idrocarburi incombusti.

Il tempo di rifornimento sarà di soli tre minuti e l'autonomia iniziale promessa è di 500 chilometri, ma la vera novità è che la Ultimate Eco Car, con i serbatoi di idrogeno pieni, può alimentare un'abitazione per un'intera settimana, tanto che, con l'avvento delle smart grid e del concetto di energia bidirezionale, potrebbero schiudersi orizzonti fin qui mai neppure immaginati.

Tutto pronto, allora? Manca solo un elemento fondamentale, ovvero una rete di distribuzione dell'idrogeno, la cui produzione ha bisogno di grandi quantità d'energia: in questo senso sarà necessario un grande sforzo, soprattutto da parte dei soggetti che producono e distribuiscono energia, ma anche dai vari governi nazionali, per portare avanti un progetto di mobilità ad emissioni zero, allo stesso tempo con costi abbordabili per tutti gli automobilisti.

lunedì 9 settembre 2013

Ambiente: Pellworm, l'isola delle rinnovabili

Si chiama Pellworm, ed è un isolotto tedesco nel Mare del Nord, popolato da non più di mille anime, facente parte dell'arcipelago delle Frisone settentrionali.

Ebbene, quest'angolo di terra (37,44 Km quadrati) spazzato dal vento, nel mezzo dell'oceano, rappresenta un vero e proprio modello di autogestione energetica, tanto da essere conosciuto come l'isola delle rinnovabili.

Quest'isola teutonica, distante un'ora di battello dalla terraferma, produce infatti tre volte l'energia elettrica necessaria alle esigenze dei suoi abitanti.

Tutto ebbe inizio negli anni ottanta, quando le eoliche e i pannelli solari sono stati testati sull'isola -ha raccontato alla Afp il borgomastro Juergen Feddersen- “e così molti agricoltori si sono riconvertiti in produttori di energia, assicurandosi ottimi profitti”.

Come già avvenuto in altri Comuni della Germania, anche a Pellworm i residenti amministrano in proprio questa “transizione energetica”, tanto che le otto pale eoliche, posizionate ai confini dell'isola per non guastare il paesaggio, sono di proprietà di 40 famiglie, tutte residenti sull'isola.

Inoltre, come spiega Kai Edlefsen, vice sindaco, allevatore bio e gestore del parco eolico “Viviamo circondati dall'acqua e ci siamo accorti che il livello dell'oceano, a causa dei cambiamenti climatici, ha preso a salire; non possiamo cambiare il mondo, ma proviamo a dare almeno  il nostro contributo”.

Per le giornate senza sole, oppure senza vento, gli isolani dispongono di una centrale a biogas, capace di trasformare mais e letame in metano, e quest'ultimo in elettricità.

Gli ingegnosi abitanti di Pellworm, però, guardano già più lontano, puntando all'obiettivo della completa autosufficienza energetica.

A tale riguardo, pare che E.ON SE, filiale del gigante dell'energia E.ON, abbia deciso di testare a breve, proprio a Pellworm, diversi sistemi di stoccaggio dell'elettricità, oltre alle cosiddette reti intelligenti "smart grids".

Ora, visto che alla Repubblica Italiana appartengono centinaia di isole, per una superficie complessiva che supera i 50.000 km quadrati, il Ministro per l'Ambiente s'è mai preso la briga di calcolare quanta energia pulita e quanta occupazione si potrebbero ricavare, puntando su progetti come quello di Pellworm, a livello nazionale?