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sabato 4 gennaio 2014

Basterebbe imparare a lavorare gratis, per guadagnare bene

Fu nel 1902 che l'eclettico principe russo Pëtr Alekseevič Kropotkin, filosofo, geografo, zoologo, nonché teorico dell'anarco-comunismo ed esponente di rilievo del movimento anarchico, pubblicò il mutuo appoggio, un saggio nel quale egli sosteneva che il mutuo soccorso – presente in tutto il regno animale, salvo rarissime eccezioni – fosse l'arma migliore anche per la sopravvivenza umana.

A più d'un secolo di distanza, è oggi possibile rileggere con rinnovata meraviglia quel suo pensiero utopico, dal momento che il lavoro gratuito (non più appannaggio solo degli schiavi) rappresenta oggi sia la base su cui costruire le più rilevanti realizzazioni nel campo della conoscenza (Wikipedia), sia un'efficace leva per far emergere addirittura nuovi canali di business.

E' vero, in teoria nessuno dovrebbe lavorare gratis, eppure c'è gente che si lamenta del fatto che la possibilità di realizzare copie digitali del proprio lavoro, l'abbia di fatto reso ingiustamente gratuito: come i musicisti che protestano per il free share dei loro brani tra i consumatori, non rendendosi affatto conto che il modello economico gratuito si sta da tempo espandendo nel mondo a velocità impressionante.

A tale proposito Chris Anderson, giornalista e saggista statunitense, nonché guru della web economy, ha pubblicato nel 2009 un libro intitolato Free, in cui si parla di come il prezzo zero abbia contribuito a cambiare il mondo.

In un mercato altamente competitivo com'è la rete, il prezzo scende fino al costo marginale, avvicinandosi di molto allo zero, specialmente nei beni e servizi che hanno a che fare con la tecnologia: se il costo unitario di qualcosa si avvicina allo zero, chi lo produce farebbe pertanto meglio a trattarlo come zero, preoccupandosi semmai di vendere qualcos'altro.

Al riguardo, Chris Anderson ha individuato diversi modelli di economia del gratuito: il primo di essi è anche quello più noto, ovvero quello supportato dalla pubblicità, ormai alla base di tutti i media, sia tradizionali che hi-tech, seguito dalla cosiddetta “sovvenzione trasversale” (ad esempio regalare cellulari, per poi vendere il traffico).

Per arrivare al “Freemium”, neologismo che sta per Free e Premium: in questi termini, si regala sul web il 99% (la versione gratuita) del prodotto, per vendere poi l'1% (il servizio Premium), come fa, tra i tanti, Skype.

Infine, c'è l'”economia del dono”: non c'è infatti più nemmeno bisogno di pagare qualcuno, per scrivere online, adesso vien fatto gratis, poiché esistono altri incentivi, come la reputazione, l'espressione, l'attenzione, eccetera, ed è soprattutto per questi motivi che gente come me scrive dei post sul proprio blog.

La sempre maggiore abbondanza (di spazio sull'hard disk, di banda, d'informazione) sta generando, d'altro canto, altrettanta scarsezza (di tempo, di attenzione, di reputazione), tanto da produrre interessanti ripercussioni sul tutto il mondo del lavoro: perché, infatti, accettare lavori precari e sottopagati, quando basterebbe imparare a lavorare gratis, per guadagnare bene?