La crisi internazionale che ha
messo in ginocchio sia il colosso americano, che il vecchio
continente, pare non abbia alcuna intenzione di risparmiare, in questo annus horribilis
2013, nemmeno i cosiddetti Paesi emergenti, ovvero Brasile, India, Turchia,
Russia, Indonesia, Polonia e Bulgaria.
E' notizia di questi giorni,
infatti, che Goldman Sachs ha provveduto a tagliare le sue previsioni
su numerose valute di questi Stati, in particolare sulla rupia
indonesiana, che in questa settimana ha subito un'ondata ribassista.
Inoltre, sulla scia del
“tapering off” della Federal Reserve, del
previsto ridimensionamento del piano di acquisto titoli da 85
miliardi di dollari al mese, Goldman Sachs prevede che sarà proprio
la rupia indonesiana a soffrire più di tutte, almeno nel breve
periodo.
Se a questo aggiungiamo le
tensioni per un intervento militare americano in Siria, otterremo una
miscela potenzialmente esplosiva, che sta già iniziando la sua
azione erosiva rispetto alle Borse ed alle valute dei Paesi
emergenti, mettendoli pertanto a rischio bolla speculativa.
Brasile: da inizio anno il real
brasiliano ha perso il 20% sul dollaro e il 17% sull'euro, pur a
fronte di una situazione fiscale molto buona, tanto che il Ministro
delle Finanze carioca, Guido Mantega, ha affermato che l'economia del Paese
resta più che solida.
India: la divisa indiana è
scesa, questa settimana, fino al minimo storico di 68,80 per dollaro,
facendo registrare il peggior calo dal 1995.
I timori degli investitori sono
aumentati dopo l'approvazione del Food Security Bill, una misura che
ha l'obiettivo di fornire cereali ai più poveri, grazie ad
agevolazioni statali.
Turchia: superfluo sottolineare
che il paese risente da molto vicino dell'evolversi della situazione
in Siria, tanto che anche per la lira turca queste sono ore convulse,
al punto che ha perso valore sia nei confronti dell'euro, salito a
2,74 lire, che del dollaro, scambiato a 2,07 lire.
Russia: i prezzi dei metalli,
carbone e altre materie prime sono in calo, il che farebbe
ipotizzare, a lungo termine, un calo anche del prezzo del petrolio.
Anche se il greggio, nel
brevissimo periodo, potrebbe toccare quota 150 dollari al barile, in
caso di problemi nelle forniture in Medio Oriente, causa il probabile
conflitto bellico siriano.
Indonesia: qui gli investitori
esteri hanno venduto un netto di 2,2 miliardi in azioni, in presenza
di segnali di rallentamento della crescita in tutta la regione, che
sarà aggravata a breve dalla decisione della Federal Reserve di
tagliare gli stimoli monetari.
Polonia e Bulgaria: pur in
presenza di turbolenze valutarie, lo zloty polacco e il lev bulgaro,
paiono resistere piuttosto bene.
Questo accade soprattutto
perchè, in questi anni di crisi, questi Paesi hanno dovuto rispettare i vincoli
di bilancio imposti da Bruxelles, che hanno impedito loro di accumulare
pesanti passivi.
In conclusione, va considerato
che l'indice generale Msci dei Paesi emergenti, riferito all'ultimo
trimestre, riflette una flessione del 7,5%, al contrario del
sottoindice relativo ai Paesi emergenti europei, che evidenzia una
crescita dell'1,2%.
Anche se, alla fine, tutti
questi scenari saranno messi alla prova del vero grande test, ovvero
il tapering off della Federal Reserve, il cui inizio è previsto
nelle prossime settimane, forse già in occasione del meeting di metà
settembre dei governatori del Fomc (Federal Open Market Committee).