domenica 9 marzo 2014

Europa sì, Europa no, la guerra dei cachi

Checché se ne dica, la vera asimmetria che sta sgretolando l'Europa non è quella tra unione monetaria (realizzata) e unione politica (inesistente), bensì quella lasciata alla discrezione degli Stati nazionali a proposito di fiscalità, diritti e protezione dei lavoratori.

Nell'attuale scenario di crisi, sempre più spesso si sente proporre, quale unica alternativa all'euroscetticismo, uno scatto in avanti verso l'unione politica: purtroppo non è affatto vero che questo gioverebbe, da solo, a risolvere i profondi problemi che affliggono in modo quasi incurabile gran parte dell'Eurozona.

Per un motivo molto semplice: tra Europa sì, Europa no, la guerra dei cachi si combatte tra le politiche economiche comunitarizzate (moneta unica e concorrenza) e quelle lasciate in balia dei singoli governi nazionali, vale a dire quelle relative alla fiscalità, diritti e protezione dei lavoratori.

Siccome le decisioni europee su queste materie devono essere assunte all'unanimità, è sufficiente che uno stato membro sia contrario per far sì che non vi possano essere regole fiscali comuni: ed è proprio grazie all'assenza di soglie minime condivise di tassazione che le imprese hanno finora potuto fare arbitraggio fiscale, creando o spostando filiali operative nei Paesi dove la tassazione era più conveniente.

Questo ha ingenerato, a sua volta, una concorrenza al ribasso per quanto riguarda la tassazione delle imprese: in qualche caso nella forma di aliquote più basse che in passato, in altri casi -come in Italia e in Grecia- attraverso l'incremento dell'evasione fiscale.

L'ovvia conseguenza, visto che i vincoli di Maastricht imponevano soglie basse di deficit, è stato l'aggravio del carico fiscale sulle persone fisiche (in particolare lavoratori dipendenti e pensionati), accompagnato da una progressiva riduzione delle prestazioni sociali erogate dai singoli stati.

Lo stesso meccanismo del voto unanime vale per quanto riguarda le politiche sociali e dell'impiego, standard di protezione e livelli salariali minimi: anche in questo caso l'Europa ha lasciato tutto alla decisione dei singoli stati, contribuendo ad ingenerare un'ovvia riduzione delle protezioni e dei diritti.

L'imminente consultazione elettorale pone dunque alcuni imperativi, soprattutto a quelle forze politiche che, come il MoVimento 5 Stelle, intendono impegnarsi per un vero cambiamento: a partire dalla modifica di quei presupposti sociali regressivi e di quel liberismo mercantilista, su cui sono state costruite tutte le politiche europee, almeno a partire dall'Atto unico europeo del 1986.

Infatti, se non si porrà fine alla guerra dei cachi, ovvero alla concorrenza al ribasso tra i Paesi dell'Eurozona in materia di politiche fiscali e di protezione del lavoro, non sarà mai possibile realizzare una politica economica comune, al punto che anche la sola idea di un'unione politica, quale panacea per risolvere tutti i mali del Vecchio continente, finirebbe con il rappresentare un'ulteriore, cocente delusione.

sabato 8 marzo 2014

Otto Marzo, se vedo una mimosa la rivendo

Se l'Otto Marzo ha da essere, che sia contro la marginalità di quelle donne che, facendo le cose senza avere soldi, devono farle un po' più piccole, un po' più svelte, un po' più faticose, così mi hanno detto parecchie donne che conosco, che se vedono una mimosa se la rivendono: il problema vero, oggi, è di sopravvivere sulla scena di un mondo che ti fa pagare anche quello che non consumi.

Foto di Alessandro Barcella
Vediamo di non essere ipocriti, l'universo maschile occidentale ha considerato per millenni le donne come parte dell'arredo domestico, roba loro, differenti solo per la tendenza a fare figli: poi venne il Sessantotto, l'Otto Marzo, e gli uomini hanno cominciato controvoglia a festeggiarle con il rituale collettivo del mazzo di mimose.

E parecchie di loro stavano magari pensando: fa freddo, ma perché non mi ha regalato un paio di guanti?

Altre donne, in altri ambienti, si ritrovavano, al telefono, oppure incontrandosi per festeggiare, conteggiando quelle che ritenevano essere state le loro importanti conquiste: del fatto che avevano un rapporto uterino con la storia, storico con l'utero, intimo con la vita e con la morte, schizzinoso con la volgarità e dionisiaco col sesso.

Alla perenne conquista del mondo, ancor diverse dagli uguali ma pari ai diversi: dopo tre giorni le mimose avevano fatto il marcio nell'acqua e l'odore era di camposanto femminile: gli uomini riprendevano a considerarle chi con terrore, chi con cieca dedizione, come sempre ad esercitarsi in varie sociologie su “noi” e su “loro”.

Sarebbe proprio una bella cosa se, oggi, il rito collettivo dell'Otto Marzo potesse finalmente trasformarsi nel momento in cui entrambi i “generi”, sforzandosi per superare ogni forma di steccato ideologico e culturale, provassero concretamente a mescolarsi per cambiare i destini di questo mondo cinicamente asessuato e sempre più alla deriva.