venerdì 28 febbraio 2014

Papà, cosa significa la parola tasse?

Ho letto da qualche parte questa (poco) divertente ma istruttiva storiella la quale, pur nella sua ingenua rappresentazione, rende appieno l'idea della paradossale e drammatica situazione che sta minando profondamente non solo l'economia bensì, cosa ben più grave, la stessa coesione sociale del nostro Paese.

Un bimbo chiede al papà che cosa significa la parola tasse? Per tutta risposta quest'ultimo gli sfila con lestezza la merenda dalla manina, mangiandone una quantità pari all'82%, e lasciando in tal modo il figliolo attonito e senza parole.

Più tardi il padre si accorge che il piccolo, dopo aver preso un'altra merendina, l'ha furbescamente mangiata di nascosto: allora lo chiama a sé, spiegandogli che con il suo comportamento è diventato un evasore e che, in quanto tale, la sua sanzione ammonterà al 200% dell'82% della merendina nascosta, oltre agli interessi.

Ma il bimbo, ora, di merendine non ne ha più e comincia a piangere: a questo punto il genitore, con fare minaccioso, gli dice che se entro tre giorni non sarà in grado di pagare la sanzione, gli manderà Equipapà a sequestrargli tutti i giocattoli.

Da allora il bambino non ha più mangiato merendine, gettando nella disperazione il commerciante che le vendeva, tanto da costringerlo a chiudere il negozio: il bimbo, senza le sue merendine è smagrito sempre più, diventando al contempo irascibile e malfidente nei confronti del padre, nel mentre il commerciante è ricorso al suicidio.

sabato 1 febbraio 2014

Ecco perché i figli di Bhutan sono i più felici del mondo

Cos'è che ci rende felici? Un nuovo amore? Il denaro? Quanto denaro? Ebbene, secondo alcuni ricercatori statunitensi, se provassimo a tracciare su un grafico le curve della felicità e della ricchezza, le due linee continuerebbero a crescere alla stessa velocità, intersecandosi al raggiungimento di una cifra che si aggira attorno ai 2.000 dollari (1.500 euro circa) mensili.

Una volta raggiunto questo traguardo e una volta superata la quota 2000, la curva della felicità diventa quasi piatta, anche nel caso quella della ricchezza continuasse a salire: ad ogni aumento del reddito, infatti, non corrisponderà più alcun aumento della felicità, quasi a conferma di quel vecchio proverbio che recita “Non sono i soldi a fare la felicità”.

Come nel caso di quei vincitori di somme ingentissime alla lotteria, che si sono rovinati e poi ritrovati, in tempi piuttosto brevi, in una condizione economica molto più miserabile di quella pre-vincita: in pratica, questa ricerca sostiene che, nella maggior parte dei casi, a rendere felici le persone, non è tantissimo denaro, bensì una quantità sufficiente a farci superare una certa soglia di soddisfazione.

Anche se potrebbero sembrare discorsi banali, questo tipo di comportamenti vengono studiati in modo approfondito da quella branca dell'economia che viene definita “della felicità”, da Richard Layard, che per un certo periodo di tempo è stato consigliere del primo governo di Tony Blair, a Bruno Frey dell'Università di Zurigo.

Ora, seppur non è del tutto chiaro e definito che cosa ci possa rendere veramente felici, è d'altra parte abbastanza evidente cosa non ci dà la felicità: la mancanza di un lavoro, il rischio di perdere un lavoro, la negazione di un futuro per i nostri figli, le cartelle di Equitalia, le pensioni d'oro, il signoraggio delle banche e, soprattutto, essere governati da una classe politica del tutto incompetente ed indecente.

In questi termini, non è certo una rivelazione che la ricerca della felicità sia sancita addirittura nella Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, oppure, senza andare troppo lontano, anche nella nostra Costituzione, quando parla del “pieno sviluppo della persona umana” nell'art. 3.

Dunque, la felicità è un nostro sacrosanto diritto, di cui spesso si preferisce non parlare, come per una sorta di timore o di ingiustificato pudore: eppure, nel Bhutan, un piccolo Stato asiatico che si trova tra Cina ed India, la misura della ricchezza viene calcolata utilizzando il principio del benessere interno lordo, in base al quale la ricchezza delle persone consiste nel numero delle relazioni umane che queste riescono ad intrattenere.

Ecco perché i figli di Bhutan sono i più felici del mondo: in quel lontano e piccolo Paese, infatti, si registrano esperienze di vita sorprendenti e momenti di grandissima solidarietà, grazie ai quali questa comunità ha imparato a compararsi sempre con quelli che stanno peggio; regola aurea cui far riferimento quando ci sentiamo insoddisfatti di come vanno le cose, assieme ad un altro vecchio adagio delle nostre parti, per il quale non occorre neppure scomodare il governo del Bhutan, e cioè che chi trova un amico, trova un tesoro.