giovedì 26 dicembre 2013

Un Erasmus del lavoro per salvare la generazione dei ventenni

Nessun Paese che intenda avere un futuro davanti a sé, può permettersi di abbandonare i giovani, ma se c'è un Paese al mondo che dovrebbe addirittura coccolare i propri ragazzi, questo è l'Italia: per la semplice ragione che, da noi, i giovani sono merce rara.

Negli anni Ottanta e, ancor più, negli anni Novanta sono nati pochissimi italiani, facendo segnare il record mondiale di infertilità: dal Duemila il trend si è un po' invertito, soprattutto grazie ai figli degli immigrati, tanto che oggi ci sono nove province italiane (Asti, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Modena, Piacenza, Prato e Reggio Emilia) dove uno su quattro, tra i nuovi nati, è figlio di immigrati.

Ciò non è stato sufficiente, però, a cancellare quel ventennio di “buco” demografico, che sarà destinato a caratterizzare a lungo le sorti dell'Italia: i giovani nati in quegli anni, infatti, sono relativamente pochi, soltanto 10 milioni, in pratica la metà di quelli nati tra il 1955 e il 1975.

Il fatto paradossale, però, è che per quanto pochi siano, questi ragazzi risultano essere quelli che più hanno difficoltà a trovare un'occupazione: su di loro pesa, infatti, il “tappo” delle generazioni più numerose, destinate, soprattutto grazie alla Fornero, a restare al lavoro ancora per parecchi anni.

Per intenderci: un italiano nato nell'anno del baby boom (1964), rischia di dover lavorare fino a 67 anni, ovvero fino al 2031, ma il figlio di quel baby-boomer nato nell'anno di minimo demografico (1994) non potrà certo aspettare di aver compiuto i 37 anni, per avere finalmente un lavoro, magari precario.

Al contempo, quei “pochi” giovani tra vent'anni dovranno portare sulle proprie spalle il peso del pensionamento di chi è nato negli anni Sessanta: una faticaccia che richiederebbe, quantomeno, esperienze professionali precoci e di qualità, tali da permettere loro di raggiungere un discreto benessere economico.

E invece? Invece questi ventenni si stanno laureando, seguendo decine di corsi e sostenendo esamini che non permettono loro di approfondire nessuno specifico campo di studi: fuori li aspetta un autentico far west, dove se sono fortunati sommano tante piccole attività, per poi alla prima occasione vedersi sostituiti da qualche precario ancora più disperato di loro.

Che fare? Una seria riforma universitaria capace di rafforzare la capacità degli studenti di elaborare, già durante gli studi, idee vendibili sul mercato del lavoro, potrebbe ad esempio spingere una quota di diplomati a completare la propria formazione.

A tale riguardo: non sappiamo mai bene come spendere i fondi europei per la formazione? Si lanci, allora, un piano straordinario per far lavorare i giovani italiani all'estero, una sorta di Erasmus del lavoro, attraverso il quale le aziende europee possano offrire stage lavorativi ai ragazzi dai 25 anni in su.

C'è da scommetterci, saranno in molti quelli che torneranno da questa esperienza con una carica positiva e con conoscenze linguistiche e professionali meno approssimative: non è tutto, ma sempre meglio delle chiacchiere a sproposito del governo Letta.

domenica 1 dicembre 2013

Nonni in fuga, l'Italia non è nemmeno più un Paese per vecchi

Parafrasando il titolo di un famoso film dei fratelli Coen, è proprio il caso di dire che l'Italia non è nemmeno più un Paese per vecchi: dopo la fuga dei giovani talenti, infatti, stiamo assistendo ad un esodo, altrettanto preoccupante, dei pensionati che non ce la fanno più a vivere in una nazione in cui le spese sanitarie sono diventate ormai insostenibili, se paragonate alle pensioni mediamente percepite.

Basti pensare, al riguardo, che a prendere una pensione tra i 650 ed i 1.000 euro mensili sono più di 270mila anziani, tra i 1.100 e i 1.500 euro sono, invece, in 130mila: ecco allora che il fenomeno dei nonni in fuga sta assumendo dimensioni preoccupanti, con una crescita del 20% solo negli ultimi cinque anni.

Senza dover per forza allontanarsi dall'Europa continentale, ecco che vivere in località esotiche come, ad esempio, le Canarie si rivela certamente più economico ed a misura di portafoglio, dato che la maggior parte degli italiani che vi è finora emigrato risulta possedere una pensione non superiore ai mille euro mensili.

In tutto questo, la cosa più preoccupante è che l'Italia, nonostante le favole raccontate dal governo Letta, non sembra in grado di poter invertire questa tendenza, a causa soprattutto di un'assistenza pubblica che si sta rivelando inadeguata rispetto i tempi che stiamo vivendo, al punto che una famiglia su tre non può permettersi il 'lusso' di una badante.

E' vero, non sempre la qualità delle cure disponibili in alcuni Paesi esteri palesa livelli accettabili o, quantomeno, in linea con i migliori standard reperibili nella nostra penisola, tuttavia gli anziani lasciano lo stesso l'Italia anche perché il costo della vita nei luoghi di destinazione è comunque inferiore di circa un terzo che da noi.

Le mete al momento più gettonate sono quelle della Slovenia, Canarie, Cipro e Malta: alle Canarie, per fare un esempio, si sono già trasferiti circa 20mila nostri connazionali anziani, anche in considerazione del fatto che lì l'assistenza sanitaria di base è garantita da standard europei, mentre per una copertura totale è sufficiente sottoscrivere una polizza sanitaria privata per un costo mensile di 40-80 euro.

A questo punto, rimane da chiedersi una cosa: se i giovani se ne vanno perché manca lavoro, e gli anziani fanno altrettanto per trovare realtà a loro misura, alla fine chi rimarrà in questo sgangherato Paese?

lunedì 21 ottobre 2013

Moralisti dell'incontrario, il potere e la questione morale

Non passa giorno che i moralisti dell'incontrario, ovvero i servili pompieri mediatici di Pdl e Pdmenoelle, spargano letame addosso al MoVimento 5 Stelle, timorosi che le denunce, le rivendicazioni e le proposte dei pentastellati possano, in qualche modo, turbare i sonni e gli affari del Palazzo.

Il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco, al cardinale, diventan tristi se noi piangiam”...

In fondo, si domandano i moralisti di cui sopra: cosa c'è che non va in Italia? 

Non c'è disoccupazione, l'aria è pulita, le biblioteche e i musei sono aperti giorno e notte, le nostre scuole ed università assicurano il futuro alle giovani generazioni...

Le banche prestano soldi alle Pmi ed alle giovani coppie che vogliono acquistare una casa...

La giustizia funziona, il fisco fa pagare le tasse a tutti secondo i beni che possiedono e a quanto guadagnano, la mafia, la camorra, la 'ndrangheta sono state debellate sia nel povero sud che nel prospero nord della penisola, la trattativa Stato-Mafia è stata completamente svelata e tutti i colpevoli sono stati puniti...

L'informazione dà conto con chiarezza della vita economica e politica del Paese, i responsabili dei crack di  Mps, Alitalia Telecom sono stati assicurati alle patrie galere, solo la legge (senza amnistie) tutela i diritti e i doveri, anche il più debole dei cittadini è sacro, la politica è diventata finalmente l'arte del necessario...

Può una persona di buon senso, che non sia politicamente disturbata da manie servili, credere in questa (ir)realtà, ovvero affermare che del contrario di tutto ciò non abbia alcuna responsabilità chi ha amministrato l'Italia negli ultimi cinquant'anni?

In verità, ancor prima del crollo del Muro di Berlino, la politica italiana si era già ridotta ad un mercato per la conquista di voti (quelli mafiosi compresi), sostituendo le ideologie con le mitologie del denaro, della carriera, della ricchezza individuale, dell'esaltazione della vita comoda e bella, con buona pace dei moralisti dell'incontrario.

Tutto molto simile al mondo americano raccontato da Tom Wolfe nel suo romanzo “Il Falò delle Vanità”, una sorta di manifesto, di brodo di coltura, per quella che nel 1994 si materializzò come la discesa in campo del Caimano.

In un Paese come il nostro, di per sé frammentato, diverso da una regione all'altra per la sua storia, i suoi dialetti, i suoi costumi, la sua geografia, i nuovi valori introdotti dal pragmatismo berlusconiano -consenziente la sinistra dei Violante e D'Alema- ebbero effetti catastrofici, causando un'irreparabile disgregazione tra ceti sociali, tra generazioni e tra culture.

Nel frattempo, furono gli stessi moralisti dell'incontrario a definire la “questione morale” un arcaico relitto del passato, al punto da convincere compagni e camerati che “un certo tasso di criminalità" faceva parte integrante dello sviluppo, della cosiddetta modernizzazione del paese.

E' veramente impressionante, in proposito, sentire ancor oggi questi irresponsabili untori definire “antipolitica”  il modo di porsi e di agire del MoVimento 5 Stelle che, di fatto, è oggi l'unica forza politica, in Italia, ad aver declinato la “questione morale” nell'unico modo possibile, semplicemente “non rubare”, nonché concepito la conquista del potere soltanto quale mezzo per migliorare la vita dei cittadini.

sabato 12 ottobre 2013

Alitalia, storia di un fallimento infinito

Alitalia altro non è che uno dei tanti buchi neri italiani, come Telecom, come la Rai, all'interno dei quali, oramai da decenni, vengono risucchiati e spariscono i soldi dei contribuenti italiani.

Fin dai tempi in cui la compagnia di bandiera era in mano pubblica, abbiamo assistito inermi ad ogni genere di disastri gestionali: scorpori, cambi di management, ricapitalizzazioni, con l'unico ed inconfessato obiettivo di renderla più appetibile a quel gruppo di 'privati', legati a doppio filo con il Pdl e il Pdmenoelle.

Per garantire i guadagni ai loro 'amici' capitanati da Colaninno senior, gli stessi partiti delle odierne false intese si inventarono addirittura una bad company (dove sono confluite le perdite aziendali da far pagare ai cittadini), assicurando al contempo alla nuova Alitalia un monopolio triennale sulla rotta più remunerativa, la Milano-Roma.

Quegli stessi partiti, inoltre, trovarono pure delle banche compiacenti, disposte a buttar via un po' di soldi dei loro azionisti, pur d'imbarcarsi in un'avventura che, viste le premesse, altro non poteva che rivelarsi fallimentare.

Gli unici a non aver perso un centesimo, anzi, ad aver tratto profitto personale dalla combinazione tra marketing elettorale e politico, furono al tempo il Cavaliere a delinquere e l'ex ministro Corrado Passera.

Dall'altra parte gli sconfitti, come sempre accade in questo Paese, sono stati i cittadini italiani che hanno pagato un conto salato da più di cinque miliardi, bruciati sull'altare delle ambizioni personali di questi impresentabili personaggi.

Allora: perché non disfarci di Alitalia? Per alcuni, come Capitan Findus Letta e il suo valletto Lupi, la vendita significherebbe privarci di un 'asset strategico' (?) per il Paese, altri tirano in ballo addirittura (come già per Telecom) questioni legate alla sicurezza nazionale.

Come se vendere Alitalia possa, ad esempio, impedirci di disporre di velivoli per trasportare le nostre truppe a Shangai, in caso di guerra con la Cina.

Cosa significa, invece, 'asset strategico'? Per politici e sindacati, fino ad oggi, ha voluto dire mantenere in piedi un'azienda colabrodo in cui l'hanno sempre fatta da padroni, con il risultato di un fallimento infinito che è sotto gli occhi di tutti.

Il tentativo di 'privatizzazione' del 2008, del resto, dovrebbe aver insegnato anche ad un bambino che non ci si può improvvisare manager di una compagnia aerea, ci vogliono competenze professionali specifiche, non bastano le 'amicizie' politiche.

Invece no, il governo dell'Inciucio ci riprova: un bel versamento da parte di Poste Italiane di una quota iniziale di 75 milioni di euro, cui va aggiunto un centinaio di milioni per la quota di debito della compagnia a carico pubblico, su un totale di quasi un miliardo.

Vedremo tra qualche mese se l'operazione di resuscitare, per la seconda volta, il cadavere di Alitalia, non avrà invece contagiato anche l'azienda 'al servizio dei cittadini che rappresenta un motore di sviluppo per l'intero Paese', come recita la pubblicità di Poste Italiane.

giovedì 10 ottobre 2013

Giornata mondiale contro la pena di morte: dall'Europa un appello senza se e senza ma

In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, i Ministri degli Esteri di quarantadue Paesi europei  hanno voluto lanciare un appello, senza se e senza ma, per manifestare la loro assoluta contrarietà nei confronti di una pratica che nulla ha a che fare con l'applicazione della giustizia.

Come sottolineato dai ministri firmatari, infatti, la pena di morte non solo rappresenta un'offesa intollerabile alla dignità umana, bensì la sua applicazione implica parecchie violazioni dei diritti dei condannati e, soprattutto, delle loro famiglie.

Inoltre, come più volte è stato dimostrato, l'afflizione della pena capitale non ha mai prodotto alcun impatto positivo sulla prevenzione dell'attività criminale né, tantomeno, è mai servita a dare sollievo alle sofferenze delle vittime e dei loro congiunti.

Come insegna la storia stessa del vecchio Continente, l'eliminazione di questa pratica non è avvenuta da un giorno all'altro, essendo stata il prodotto finale di una presa di coscienza progressiva.

A partire dalla perseveranza nell'azione legislativa, infatti, il numero delle esecuzioni è inizialmente sceso, al pari dei reati punibili con la pena di morte, stabilendo al contempo delle moratorie effettive che hanno portato, negli anni, alla definitiva abrogazione di questa pena nella quasi totalità dei Paesi europei.

Grandi passi in tal senso sono stati compiuti, anche grazie all'impegno profuso dal Consiglio d'Europa e dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, che hanno svolto un ruolo centrale nelle dinamiche abolizioniste continentali, favorendo altresì l'espansione extraterritoriale di tale tendenza.

Del resto, come mostrano le risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, una sempre più crescente maggioranza di Stati sostiene, oggi,  la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte, al punto da farci immaginare che le prossime generazioni possano vivere in un mondo in cui la pena capitale sarà soltanto un brutto ricordo.

Ecco, infine, l'elenco dei Paesi europei che hanno sottoscritto l'appello congiunto contro la pena di morte:

Albania, Andorra, Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Macedonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldova, Monaco, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, San Marino, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria.

lunedì 9 settembre 2013

Ambiente: Pellworm, l'isola delle rinnovabili

Si chiama Pellworm, ed è un isolotto tedesco nel Mare del Nord, popolato da non più di mille anime, facente parte dell'arcipelago delle Frisone settentrionali.

Ebbene, quest'angolo di terra (37,44 Km quadrati) spazzato dal vento, nel mezzo dell'oceano, rappresenta un vero e proprio modello di autogestione energetica, tanto da essere conosciuto come l'isola delle rinnovabili.

Quest'isola teutonica, distante un'ora di battello dalla terraferma, produce infatti tre volte l'energia elettrica necessaria alle esigenze dei suoi abitanti.

Tutto ebbe inizio negli anni ottanta, quando le eoliche e i pannelli solari sono stati testati sull'isola -ha raccontato alla Afp il borgomastro Juergen Feddersen- “e così molti agricoltori si sono riconvertiti in produttori di energia, assicurandosi ottimi profitti”.

Come già avvenuto in altri Comuni della Germania, anche a Pellworm i residenti amministrano in proprio questa “transizione energetica”, tanto che le otto pale eoliche, posizionate ai confini dell'isola per non guastare il paesaggio, sono di proprietà di 40 famiglie, tutte residenti sull'isola.

Inoltre, come spiega Kai Edlefsen, vice sindaco, allevatore bio e gestore del parco eolico “Viviamo circondati dall'acqua e ci siamo accorti che il livello dell'oceano, a causa dei cambiamenti climatici, ha preso a salire; non possiamo cambiare il mondo, ma proviamo a dare almeno  il nostro contributo”.

Per le giornate senza sole, oppure senza vento, gli isolani dispongono di una centrale a biogas, capace di trasformare mais e letame in metano, e quest'ultimo in elettricità.

Gli ingegnosi abitanti di Pellworm, però, guardano già più lontano, puntando all'obiettivo della completa autosufficienza energetica.

A tale riguardo, pare che E.ON SE, filiale del gigante dell'energia E.ON, abbia deciso di testare a breve, proprio a Pellworm, diversi sistemi di stoccaggio dell'elettricità, oltre alle cosiddette reti intelligenti "smart grids".

Ora, visto che alla Repubblica Italiana appartengono centinaia di isole, per una superficie complessiva che supera i 50.000 km quadrati, il Ministro per l'Ambiente s'è mai preso la briga di calcolare quanta energia pulita e quanta occupazione si potrebbero ricavare, puntando su progetti come quello di Pellworm, a livello nazionale?

sabato 31 agosto 2013

Politica controcorrente: La lezione di Pierre Rosanvallon

Da coloro che detengono il potere, il sentimento di sfiducia, inteso come distacco e disaffezione dei cittadini dalle proprie istituzioni rappresentative, è spesso sbrigativamente liquidato con il termine di “antipolitica”.

In particolare per la nostra impresentabile classe politica, in ciò spalleggiata dai media di regime, ogni richiamo a principi quali l'onestà, la giustizia, il rispetto della Carta costituzionale e dei diritti di cittadinanza, produrrebbe addirittura effetti negativi su quella stabilità politica richiesta dai mercati (?).

Tanto da far credere a milioni di italiani che, nonostante le condanne definitive e le indagini giudiziarie in corso, non esiste alternativa a questo sistema dei partiti: ovvero, Hic Rhodus, hic salta.

Ma c'è anche chi, come lo studioso transalpino Pierre Rosanvallon, dà di tutto ciò una lettura decisamente controcorrente.

Per lui, infatti, la “sfiducia”, lungi dal rappresentare il sentimento passivo dell'antipolitica, assolverebbe alla precisa funzione di “vigilare affinché il potere eletto mantenga i suoi impegni”, alla stregua di un contro-potere, mirato a correggere l'azione politica e ad incalzare i governi a rendere conto del loro operato.

In questi termini la sfiducia, in quanto espressione dei poteri indiretti presenti nella società -secondo Rosanvallon- deve essere considerata una vera e propria forma politica, inclusa nel concetto stesso di democrazia moderna.

E questa trasformazione dell'ambito partecipativo ed espressivo ha trovato,in questi anni, un formidabile alleato nella Rete, nella sua accezione di spazio libero e generalizzato di vigilanza e valutazione del mondo.

La massima considerazione attribuita da Pierre Rosanvallon alla cosiddetta “società della sfiducia”, ha fatto sì che l'ambiente accademico lo tacciasse d'essere un'ottimista visionario.

Invece: come ampiamente dimostrato nelle recenti elezioni politiche nel nostro Paese e, in misura seppur minore, in altre realtà europee, il pensiero di Rosanvallon ha trovato più d'una conferma.

Se è pur vero, infatti, che l'obiettivo dichiarato dallo studioso francese è quello di descrivere le conseguenze della sfiducia sulla società, piuttosto che sul sistema politico-elettorale, è altrettanto vero che la sua “lezione” è, oggi, di grande utilità per comprendere la più recente storia politica europea.


Fenomeni quali, ad esempio, la centralità della dimensione della vigilanza dei cittadini nella proposta politica, oppure l'uso di Internet come luogo e forma di nuove espressioni dell'organizzazione del consenso e, infine, l'affermazione di nuovi attori (MoVimento 5 Stelle in Italia, Partito Pirata in Germania, ecc.), dimostrano l'ampia diffusione raggiunta dalla contro-democrazia popolare, ormai matura per sostituire definitivamente il corrotto sistema dei vecchi partiti.

mercoledì 28 agosto 2013

Credete che: “Ph'ngluimglw'nafhCthulhuR'lyehwgah'naglfhtagn1” sia una password sicura?

Nei giorni scorsi, gli sviluppatori del software ocl-Hashcat-plus (programma avanzato di recupero delle password online), hanno provveduto ad aggiornare il programma medesimo, in modo tale da poter sfidare i codici di accesso formati da ben 55 caratteri.

A scanso di equivoci, occorre qui ricordare che l'utilizzo di tale software è indicato per i cosiddetti “pentester”, oppure per i responsabili di rete che volessero controllare l'affidabilità delle password scelte dai propri dipendenti.

Viceversa, agli internauti domestici è vivamente sconsigliato di avvalersi di simili tecnologie, innanzitutto per salvaguardare la propria fedina penale, oltre che per non mettere a repentaglio gli account di amici, parenti o di ignari frequentatori dei social network.

La versione classica di questo delicato programma prevedeva, infatti, di poter scovare un gran numero di hash crittografici (ovvero le cosiddette “password mascherate”), ma solo nel caso queste ultime avessero una lunghezza non superiore ai 15 caratteri.

Secondo Jens Steube, capo sviluppatore di Hascat, con questo nuovo aggiornamento si è voluto venire incontro ad una delle caratteristiche più richieste dagli utenti, anche se “Abbiamo pensato a lungo se dotare o meno il programma di questo nuovo supporto -spiega- “perché lo avrebbe reso più lento del 15%”.

D'altro canto, bisogna pur dire che, ora, con ocl-Hashcat-plus si possono raggiungere fino ad otto miliardi di tentativi, al secondo, su un numero illimitato di password da recuperare.

Non è un segreto che, milioni di persone, si affidino oggi a password e passphrase online, lunghe e complesse, nella speranza di creare veri e propri muri impenetrabili, anche dalle tecniche del più abile degli hacker.

Ciò non ha di certo scoraggiato gli smanettoni, che hanno risposto espandendo le fonti da cui i programmi possono attingere, al fine di scovare le password.

Tanto che, qualche tempo fa, un ricercatore della sicurezza è riuscito a decifrare la password “Ph'ngluimglw'nafhCthulhuR'lyehwgah'naglfhtagn1”, grazie al fatto che quest'incomprensibile vocabolo era inserito in un articolo pubblicato su Wikipedia, a proposito della storia “The Call of Chthulhu” di H. P. Lovecraft.

Se anche una password come quella sopra riportata si è rivelata, alla prova dei fatti, inaffidabile, è davvero impossibile difenderci, allora, dagli attacchi della nuova generazione di hacker?

In effetti, qualche accorgimento, quantomeno per complicare loro la vita, ci sarebbe anche.

Come si è visto, scegliere una password più lunga di 24 caratteri potrebbe rivelarsi, oggi, non più sufficiente: più opportuno si potrebbe rivelare, invece, fare ricorso ad una buona dose di creatività.

La miglior strategia di difesa, in questi termini, è senz'altro quella di ricorrere -nel computare la password online- ad un mix di lettere (maiuscole e minuscole), numeri e caratteri speciali (punti esclamativi, interrogativi, ecc.).

Infine, è della massima importanza che la frase così ottenuta, non abbia alcun collegamento con la nostra vita privata, il più delle volte facilmente riscontrabile su Facebook.

martedì 27 agosto 2013

Allarme salute: Trovate sostanze cancerogene anche nelle e-cig

Premesso che la cosa migliore da fare, per un fumatore, sarebbe quella di non esserlo più, bisogna pur dire che, anche grazie all'introduzione sul mercato delle cosiddette e-cig, sempre più fumatori hanno, quantomeno, iniziato a prendere in considerazione l'idea di smettere con il fumo.

Ma, a quanto pare, anche le sigarette elettroniche conterrebbero sostanze cancerogene.
A lanciare l'allarme è stata la rivista d'oltralpe "60 Millions de Consummateurs", a seguito di uno studio scientifico, pubblicato dall'Istituto nazionale del Consumo (Inc).

Come spiega il caporedattore, Thomas Laurenceau, i risultati delle analisi condotte da esperti della rivista francese, avrebbero evidenziato molecole cancerogene in quantità significative, mai riscontrate finora, nel vapore delle e-cig.

Gli stessi ricercatori avrebbero, inoltre, constatato che in 3 casi su 10, il tasso di formaldeide contenuto sia nei prodotti “con”, che in quelli “senza” nicotina, risulterebbe quantomeno pari a quello delle sigarette tradizionali.

L'analisi avrebbe rilevato, senz'ombra di dubbio, che l'acroleina (molecola particolarmente tossica) verrebbe emessa in quantità importante, nonché in percentuali a volte addirittura superiori a quelle misurate nel fumo di alcune sigarette.

Presenti, infine, nella sigaretta elettronica anche l'acetaldeide (sostanza classificata come potenzialmente cancerogena), nonché, in alcuni dei modelli esaminati, anche tracce di metalli, come cromo, nichel e antimonio.

Dalle verifiche effettuate, sono inoltre emerse discrepanze tra quanto riportato dalle etichette, ed effettiva composizione delle e-cig, in particolare per quanto riguarda la presenza e le quantità di nicotina e glicole propilenico.

Visti i risultati, alle associazioni dei consumatori non è rimasto altro da fare che avvertire le competenti autorità sanitarie, invitandole ad una maggior sorveglianza sull'evolversi del nascente e redditizio mercato delle sigarette elettroniche.

A tale proposito, nelle scorse settimane il Parlamento francese aveva già votato un emendamento per vietare l'uso delle e-cig ai minori di 18 anni, mentre il Ministro della Salute, Marisol Touraine, dopo aver deciso di vietarne l'uso nei luoghi pubblici, sta predisponendo una circolare che ne vieti anche la pubblicità, come già per le sigarette tradizionali.

Dopo parecchi annunci e relative smentite -autentico tratto distintivo dei politici che governano il nostro Paese- in Italia vige, al momento, il solo divieto di vendita di e-cig con presenza di nicotina ai minori di 18 anni: perché non vietare, anche da noi, la pubblicità di questi prodotti?

domenica 25 agosto 2013

La leggenda di Larrie, il mostro del Lago di Como

Non sarà certamente famoso come quello di Loch Ness, ma anche il nostrano lago di Como può vantare il suo bel mostro acquatico.

Al contrario dei molti che l'hanno dimenticato, relegandolo nell'ambito delle curiosità o, al massimo, tra gli studi di criptozoologia, a ricordarsi della sua “esistenza” è stato nientemeno che Carlo Lucarelli, il noto scrittore di gialli e conduttore televisivo.

Nel suo ultimo libro Strane Storie, edito da Skira, dedicato ai misteri del mondo, Lucarelli ripercorre, con dovizia di particolari, la storia di questo mostro dimenticato, accostandola a quella del più rinomato parente scozzese.

Nel libro viene ripercorsa la storia delle apparizioni del Lariosauro -definito confidenzialmente Larrie (in quanto sta nel lago di Como)- che si sono susseguite a partire dalla metà dell'ottocento, fino ai giorni nostri.

Anche se la leggenda del mostro acquatico nacque nell'immediato dopoguerra quando, nel 1946, il “Corriere Comasco” ebbe a scrivere di un misterioso ed enorme animale, apparso nelle acque del Pian di Spagna.

Da allora le apparizioni divennero più frequenti, tanto che nel 1954 alcuni pescatori avvistarono uno strano animale che nuotava nelle acque di fronte ad Argegno, lungo un'ottantina di centimetri, con il muso e la parte posteriore del corpo arrotondata e dotato di zampe palmate.

Ma l'episodio più eclatante, avvenne tre anni dopo, quando nel mese di agosto vene avvistata, tra Dongo e Musso, un enorme creatura, la cui presenza venne confermata, il mese seguente, da alcuni biologi che si erano immersi con una batisfera nel lago, dove videro uno strano animale somigliante ad un coccodrillo.

Trascorsi più di cinquant'anni, Larrie tornò a far parlare ancora di se nel 2003, quando alcuni pescatori riferirono d'essersi imbattuti in una specie di serpente lungo oltre dieci metri.

Già in passato qualcuno aveva ipotizzato potesse trattarsi di un discendente, chissà come sopravvissuto, del Lariosaurus Balsami, ovvero del primo rettile fossile rinvenuto nel nostro Paese, a metà dell'ottocento.

In tal caso, saremmo stati di fronte ad un rettile bonaccione, ghiotto di pesci che pescava nelle profondità del lago, circa 200 milioni di anni fa.

Il fossile più lungo di Lariosaurus Balsami è oggi custodito in Germania, nel Museo di Monaco di Baviera, ed ha una lunghezza di 90 centimetri dopo che, nei bombardamenti del 1943, finì distrutto un altro esemplare, che si trovava nel Museo di Storia Naturale di Milano, la cui lunghezza non superava il metro e trenta centimetri.

A differenza di quanto accaduto a Loch Ness, in Scozia, dove sono stati capaci di trasformare la leggenda di Nessie in un vero e proprio business, per il “cugino povero” Larrie ci si deve accontentare di labili tracce fossili e di qualche leggenda popolare, anche quella sempre più sbiadita.

mercoledì 21 agosto 2013

Se il mondo fosse un villaggio di 100 abitanti

Solo pensare, soltanto per un momento, di poter catturare in un'unica fotografia le principali caratteristiche dell'intera umanità (quasi 7 miliardi di persone), sarebbe un'autentica follia.

Ma se... attraverso l'impiego dei dati statistici attuali, provassimo a ridurre l'insieme dei nostri simili ad un villaggio di soli 100 abitanti? Come saremmo? Vediamolo insieme.

Se il mondo fosse un villaggio di 100 abitanti, innanzitutto 70 di noi sarebbero adulti e 30 bambini, in 32 respirerebbero aria inquinata, mentre 68 quella pulita.

Ogni anno, per ogni abitante deceduto, nel villaggio ne nascerebbero 2, pur se soltanto 1 di loro potrà vantare, in futuro, un grado d'istruzione superiore, mentre 99 non ce l'avranno, visto che soltanto in 7 possediamo un computer, contro 93 che sono senza.

Anche perché 20 di noi abitanti il villaggio globale consumano l'80% dell'energia a disposizione, mentre i restanti 80 ne consumano solo il venti per cento.
Infatti, soltanto nelle case di 24 c'è l'elettricità, poiché agli altri 76 la corrente non arriva per nulla.

Di più: mentre 50 di noi non hanno una fonte garantita di cibo e, pertanto, soffrono sempre, o per lunghi periodi, la fame, ce ne sono altri 20 denutriti, di cui uno sta morendo d'inedia.

Solo per 30 fortunati tra noi le cose, sotto questo aspetto, vanno più che bene: hanno cibo a sufficienza, tanto che la metà di loro sono, addirittura, in sovrappeso.

L'acqua, invece, è pulita e sicura per 83 di noi, mentre gli altri 17 rischiano quotidianamente un'infezione da salmonella; qui, il cosiddetto “sesso forte”,  non è rappresentato dagli uomini (48), bensì dalle donne che sono in maggioranza (52), con un orientamento sessuale etero, per 90 di noi, mentre i restanti 10 si sono dichiarati omosessuali.

La nazionalità dei villani appare così rappresentata: 61 asiatici, 13 africani e 13 americani, 12 europei e, infine, 1 abitante proveniente dall'Oceania.

Altro che razzismo: all'interno della comunità globale soltanto 30 individui hanno il colorito roseo, mentre gli altri 70 sono di tutti i colori, fuorché bianchi.

Siamo, in maggioranza (33), di religione cristiana, ma con un alto numero di seguaci di altre fedi, oppure di atei (24), seguiti da 19 islamici, 15 induisti, 6 buddisti e 5 spiritualisti.

Le lingue parlate sono, per 17 di noi il cinese, per 9 l'inglese, per 8 l'hindi, per 4 l'arabo, per 6 il russo e, per altri 6, lo spagnolo, mentre i rimanenti 50 individui parlano, ognuno, una lingua diversa da queste.

Ciò detto, è bene sapere che 86 di noi sanno leggere, mentre solo in 14 non sono in grado di farlo, anzi, 48 di noi non possono parlare o agire secondo coscienza, perché rischiano molestie, prigione, torture o la morte; se è vero che 80 di noi non hanno paura, in 20 vivono col terrore di morire per bombardamenti, mine, stupri o rapimenti da parte di gruppi terroristici.

Un'ultima cosa: per rendere questo villaggio un posto più equo, ci sarebbe bisogno di un po' di denaro per tutti: peccato, però, che soltanto 6 di noi ne possiede il 59%, altri 74 il 39%, mentre gli ultimi 20 ne condividono un misero 2%.

Siete contenti di abitarci? Se sì, in quale di questi abitanti vi riconoscete?

lunedì 12 agosto 2013

Tumori: l'olfatto dei cani potrebbe rivelarli in anticipo

Il cane, ovvero il “miglior amico” dell'uomo, non finisce mai di stupirci: il nostro fedele animale domestico, infatti, potrebbe addirittura, essere in grado di prevenire l'insorgenza del cancro alle ovaie, grazie al suo fiuto eccezionale.
Questo, almeno, è quanto affermano i ricercatori del dipartimento di fisica e oncologia ginecologica dell'Università della Pennsilvanya.

Grazie alla preziosa collaborazione del Monell Chemical Senses Center (istituto no-profit che studia il gusto e l'olfatto) e del Pet Workin Dog Center (struttura per l'addestramento dei cani), gli scienziati stanno infatti per mettere a punto un dispositivo, che sarà in grado di diagnosticare precocemente quel particolare tipo di tumore femminile, proprio attraverso il fiuto dei cani.

L'idea ha preso vita dal fatto che le cellule tumorali, anche nello stadio iniziale della malattia, rilasciano un marcatore rilevabile che -come avviene con gli asparagi- influenzano l'odore delle urine, tanto che i ricercatori pensano di realizzare un'essenza specifica, progettando al contempo nuovi strumenti diagnostici, più economici e meno invasivi, rispetto a quelli utilizzati finora.

L'alto tasso di mortalità fatto registrare dal tumore alle ovaie, infatti, deriva soprattutto dal fatto che la malattia viene scoperta, quando ormai è in stato avanzato: secondo le previsioni dello statunitense National Cancer Institute, solo quest'anno in America il cancro ovarico ucciderà 14.000 donne, a fronte di 22.000 nuovi casi diagnosticati.

Per quanto riguarda, infine, l'impiego di unità cinofile in medicina, occorre ricordare che, già in altre circostanze l'olfatto canino si è rivelato utile come, ad esempio, nel segnalare ai diabetici quando il livello di zuccheri nel sangue sta raggiungendo la soglia di tollerabilità.

sabato 10 agosto 2013

Mistero: il bambino indiano che si incendia da solo

La prima volta che Rajeshwari ha assistito, incredula, a quanto successo al suo piccolo Rahul, è stato nove giorni appena dopo il parto.
Il fenomeno si è poi ripetuto per ben altre tre volte, con il bimbo che è stato ricoverato d'urgenza in ospedale dai genitori terrorizzati, dopo aver visto il suo corpicino incendiarsi da solo.

Il medici locali, ma anche esperti del paranormale, stanno cercando, da diversi giorni, una spiegazione a questo strano fenomeno, senza finora aver trovato una qualche spiegazione convincente.

Pur tra lo scetticismo generale, il caso potrebbe essere collegato alla famiglia di quelli della cosiddetta “Combustione umana spontanea” (definita dagli inglesi con la sigla Shc), di cui sarebbero stati segnalati circa 200 presunti casi, nel corso degli ultimi tre secoli, in ogni parte del mondo.

Tra questi, senz'altro uno dei più celebri ha riguardato la contessa cesenate Cornelia Bandi, nonna materna di papa Pio V, che nel marzo del 1731 fu trovata, dalla sua governante, stesa a terra in camera da letto, con le gambe e una parte della testa intatti, mentre il resto del corpo era completamente carbonizzato.

Un Consiglio, formato dai dotti del tempo, sostenne trattarsi sicuramente di un evento di “combustione spontanea”.
Una storia, questa, che impressionò anche il famoso scrittore inglese Charles Dickens, al punto da menzionarla nella prefazione del suo famoso romanzo Bleak House (Casa desolata).

Tornando al piccolo Rahul, dopo il quarto episodio dello stesso genere, i suoi genitori hanno quindi deciso di portare il figlioletto al Kilpauk Medical College (KMC) di Chennai, al fine di sottoporlo a studi più approfonditi che, al momento, non hanno fornito alcuna diagnosi conclusiva.

Il pediatra che ha in cura il bambino che si incendia da solo, ha dichiarato che la ragione potrebbe essere “L'emissione di un qualche gas, altamente combustibile, che fuoriesce dai suoi pori, di cui non si conosce, però, la vera natura”.

Fatto sta che il padre del piccolo Rahul, visibilmente preoccupato, ha dichiarato a The Indian Express che “Come famiglia siamo veramente in ambasce, anche perché gli abitanti del nostro villaggio sono molto spaventati da questo fenomeno, ritenendo che nostro figlio sia sotto il malefico controllo di uno spirito demoniaco, che ha la capacità di innescare in lui il fuoco.

Combustione umana o fenomeno paranormale? In entrambi i casi, non ci resta che augurare un fausto epilogo della vicenda, tale da consentire al bimbetto, nato nel Tamil Nadu (India meridionale), un rapido e indolore ritorno alla vita normale.

giovedì 1 agosto 2013

Studio e lavoro: Conta più l'esperienza o il titolo di studio?

E' proprio vero che, oggi, nel mondo del lavoro l'esperienza conta molto di più del titolo di studio?
Se sì, cosa deve fare un giovane per crearsela, non appena finiti gli studi?

Per dare risposta a queste domande, il sito web Skuola.net si è rivolto alla prof.ssa Michéle Favorite, Professor Business and Communication, presso la John Calbot University.

Secondo la docente, un titolo di studio che non sia portatore di esperienza pratica -ai giorni nostri- è del tutto anacronistico: nel sistema di studi americano, ad esempio, allo studente non viene chiesto “Cosa sai?”, ma “Cosa sai fare?”.

Mentre in Italia, purtroppo, ai ragazzi viene somministrato quasi sempre uno studio teorico, al punto che viene da chiedersi: che valore può aggiungere in azienda, un giovane che ha studiato solo principi, regole, teoremi, e non li ha mai messi in pratica?

In ogni caso, un ragazzo può sempre maturare esperienze lavorative, anche quando ancora studia.
Pur se di questi tempi, anche per uno studente, non è tanto facile trovare occupazione, ciò non significa che sia impossibile.

Detto che i ragazzi potrebbero anche inventarsi un'occupazione non retribuita, giusto per provare a cimentarsi, esiste, altresì, tutta una serie di lavori adatti a loro: cameriere in un ristorante o bar, animatore in un centro vacanze, collaboratore per siti web o blog, ecc.

Ma vanno più che bene anche le attività di volontariato di vario genere, senza contare che i lavori si possono anche inventare come, ad esempio, fare il baby sitting (ripetizioni doposcuola).

Piccoli lavori che, in ogni caso, insegnano ai ragazzi ad essere responsabili, a saper gestire il proprio tempo, ad essere intraprendenti, nonché a saper lavorare con gli altri.

Infine, il consiglio della docente è quello di guardare cosa fanno i giovani all'estero: in Paesi come la Cina e la Corea del Sud, la giornata-tipo al liceo dura fino alle 11 di sera.

Esagerati? Forse, ma poi sono quelli gli studenti che vengono ammessi nelle migliori Università americane, con borse di studio piene.

Oppure i ragazzi americani, che già a 20 anni hanno curricula stracolmi di esperienze lavorative e di volontariato, da far fatica a restringere il tutto in una pagina.

Non a caso, però, questi giovani appaiono motivati anche da un forte senso civico, ritenendo che i loro sforzi servano a migliorare il benessere generale.

Forse un pizzico di senso civico in più, potrebbe essere utile per spronare in tal senso anche i ragazzi italiani?

mercoledì 31 luglio 2013

Chi dorme bene in gravidanza, avrà certamente un bambino sano

L'importanza del fattore “sonno” sugli esseri umani, anche durante il delicato periodo della gestazione, è stata recentemente ribadita da uno studio condotto presso la Pittsburg Univerity, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Psychosomatic Medicine.

Secondo i ricercatori statunitensi, infatti, dormire in gravidanza fa bene alla salute del nascituro: lo aiuta a nascere di peso normale, oltre a favorire per la gestante una gravidanza serena e senza complicanze.
Viceversa, perdere il sonno, potrebbe mettere a rischio il futuro peso del bebè.

Il sonno in gravidanza, in questi termini, riveste notevole rilievo nei confronti di un sano sviluppo del feto, tanto è vero che, soprattutto all'inizio della gestazione, fatica e sonno si fanno sentire moltissimo nella donna incinta.

Sapientemente coordinati dalla psichiatra Michele Okun, gli esperti Usa hanno osservato e studiato un campione di 170 gestanti, alla 20/ima settimana di gravidanza, analizzando il loro sonno (quantitativamente e qualitativamente), nonché il funzionamento del loro sistema immunitario.

Al termine della sperimentazione, è emerso che le gestanti che avevano disturbi del sonno, presentavano anche uno stato infiammatorio alterato, tanto da farle considerare più a rischio complicanze, come il parto prematuro o -appunto- la nascita di un bambino sottopeso.


Dunque, mamme in dolce attesa, nel caso facciate fatica a prendere sonno, ovvero ritenete di dormire male, rivolgetevi senza indugio al vostro ginecologo di fiducia per avere i giusti consigli e, del caso, le opportune prescrizioni sanitarie o farmacologiche.

martedì 30 luglio 2013

Salute: Calo ormoni sessuali maschili causa i sintomi del Parkinson

Questo è quanto afferma uno studio prodotto da un team di neurologi della Rush University, secondo cui un calo improvviso del testosterone, l'ormone sessuale maschile, può provocare sintomi simili a quelli del morbo di Parkinson.

Nel descrivere i risultati di questa ricerca sul 'Journal of Biological Chemestry”, Kalipada Pahan, responsabile del progetto, ha spiegato “Mentre molti studi sul morbo di Parkinson si concentrano sull'utilizzo di diverse tossine e su complessi approcci genetici, noi abbiamo scelto di concentrarci sul testosterone”.

Così facendo, gli scienziati statunitensi hanno scoperto che l'improvviso crollo dei tassi di testosterone, come avviene ad esempio subito dopo una castrazione, può essere sufficiente a causare sintomi analoghi a quelli del morbo, nonché l'insorgenza di una patologia come il Parkinson nei topi maschi.

Abbiamo rilevato inoltre” -ha proseguito l'esperto- “che l'integrazione dell'ormone nella forma diidrotestosterone dall'enzima 5-alfa-reduttasi, produce un'inversione della malattia nel modello murino”.


In ultima analisi -conclude Kalipada Pahan- l'attivazione di interventi mirati alla conservazione di un buon livello di testosterone nei maschi, potrebbe rappresentare un importante passo in avanti, soprattutto in termini di promozione della resistenza nei confronti del morbo di Parkinson.

lunedì 29 luglio 2013

MAGIA | NOSTRADAMUS: FU UN VERO PROFETA O SOLO UN CIARLATANO?

Coloro che, a posteriori, cercano un riscontro a quanto scritto -secoli fa- dal famoso veggente Nostradamus, sono costretti ad eseguire un lavoro di libera interpretazione, attraverso la decodifica di simboli generici e metafore oscure, alterando in ogni caso il significato originario delle sue “profezie”.

All'epoca in cui furono scritte le sue Centurie, infatti, non era del tutto conveniente apparire chiari e diretti, soprattutto per il timore d'incappare nelle ire di fanatici religiosi.
Anche per questo, pare che l'autore oscurasse volontariamente i propri scritti, utilizzando artifici come l'uso alternato di diverse lingue (provenzale, greco, latino, italiano, ebraico e arabo), ricorrendo all'uso di simboli, anagrammi e neologismi.

Al punto che nella seguente quartina (I, 29), qualcuno ha visto addirittura l'arrivo degli extraterrestri “Quando il pesce terrestre acquatico / da forte onda sulla spiaggia sarà messo / la sua forma strana soave e orrenda / dal mare ai muri ben presto nemici....chiaro, no?

Per non dire di quello che è successo dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, dove non è mancato chi (sempre a posteriori) ha trovato profetiche le seguenti quartine Cinque e quaranta gradi il cielo brucerà / fuoco si approssimerà sulla Città Nuova / nell'istante grande fiamma espanse brucerà / quando si vedrà dei Normanni fare l'esperimento”.
Veramente suggestivo, peccato che “cinque e quaranta gradi” non è la latitudine di New York, ma di altre città quali Montreal, Ottawa, Lione, Milano o Torino...e poi, dove sarebbero finiti i Normanni?

Non mancano altri affascinanti esempi, come quello della quartina che -secondo alcuni- si occuperebbe nientemeno che di Adolf Hitler Bestie favolose di forme, traghettanti fiumi / da più parti del campo andranno incontro a Hister / in gabbie di ferro il grande le farà trascinare / quando nessuno osserverà la Germania”.
Peccato, però, che il termine “Hister” nulla abbia a che fare con Hitler: sulle mappe romane, infatti, con il nome di “Hister” o “Ister”, era indicata la regione del basso corso del Danubio.
Anche in questo caso, dunque, lo schema delle profezie di Nostradamus si rivela sempre lo stesso, improntato alla vaghezza e all'indeterminatezza, arricchite da metafore e simboli esoterici.
Così facendo, del resto, prima o poi qualcosa la si azzecca, ma solo a fatti già accaduti e a seguito di una fantasiosa -a volte bizzarra- interpretazione.

Nostradamus si guarda bene dal fornire riferimenti oggettivi e facilmente identificabili e, nei pochi casi in cui ciò avviene, le sue profezie non si sono mai avverate.
Tra queste, l'indovino avrebbe indicato la data del 1732, che avrebbe rappresentato il culmine di una lunga e sanguinosa persecuzione religiosa che, in effetti, non c'è mai stata, la distruzione totale della specie umana nel 1792 (l'umanità non si è estinta), nonché un evento catastrofico nel 1999, anno che si è distinto solo per l'eclissi solare dell'11 agosto.

Nonostante le molte evidenze dimostrino che Nostradamus non abbia, in realtà, predetto nulla nelle sue Centurie, sono ancor oggi tantissimi i seguaci ed i credenti dell'indovino in tutto il mondo.
Tra loro c'è chi non demorde, anzi, continua a sostenere che se la fine del mondo non è ancora arrivata, bisognerebbe cercare meglio in qualche altra parte delle Centurie.

Non bisogna stupirsi più di tanto: credere al magico è un bisogno “reale” della nostra sfera irrazionale, che fa anche parte della nostra cultura.
In verità: quanti di noi vorrebbero avere notizie sul futuro che li aspetta, sull'amore, sul lavoro, sapere se sarà inventata una cura per una malattia incurabile?

Non essendo in grado la scienza moderna di fornire risposte a queste domande, ecco che in molti emerge il bisogno di avere, comunque, un riscontro (vero o inventato non importa), con la conseguenza di rivolgersi a quei soggetti che “vendono” soluzioni a buon mercato: veggenti, sensitivi, guaritori, ecc., ecc.

domenica 28 luglio 2013

SALUTE | SONNO: CON LA LUNA PIENA SI DORME MALE

Nulla a che fare con l'astrologia: è scientificamente provato, invece, che le fasi lunari possono influenzare gli ormoni che regolano il sonno, nonché la sua durata nella fase profonda.
Quelle volte che ci capita di far fatica a prendere sonno, di dormire male, oppure quando ci svegliamo ancora assonnati, e ci sentiamo poco riposati, prima di formulare qualsiasi ipotesi, apriamo la finestra e diamo un'occhiata al cielo: nel caso la Luna fosse piena, con ogni probabilità potremmo aver trovato il “colpevole” dei nostri fastidi.

E' quanto afferma uno studio pubblicato sul Current Biology, indicando i cicli lunari quali responsabili dell'influenza sull'attività cerebrale e sui livelli di ormoni nel sangue che, di fatto, contribuirebbero in larga parte a modificare la fisiologia del sonno.
La scoperta di questo legame, tra la Luna e la qualità del sonno, la si deve al team di ricercatori guidato da Christian Cajochen, della University of Basel.
Pare che gli scienziati abbiano notato che, alcune specie marine, mostravano ritmi endogeni con periodicità circalunare ma che -a dispetto di detti e credenze popolari- non vi era alcuna prova consistente a sostegno dello stesso tipo di connessione tra cicli lunari e fisiologia comportamentale umana.

Non convinti, i ricercatori del team, hanno voluto approfondire la questione analizzando il sonno di una trentina di persone, registrandone i pattern cerebrali, il movimento degli occhi (Rem) e le secrezioni ormonali, raccogliendo infine le impressioni dei soggetti sottoposti all'esperimento.
I risultati avrebbero dimostrato, inequivocabilmente, come in concomitanza della Luna piena, la qualità del sonno registrata, tenda a diminuire.
In particolare, le persone impiegavano più tempo a prendere sonno, dormendo mediamente meno che in altre fasi del ciclo lunare.
Non solo, anche i livelli di melatonina (l'ormone che regola il ritmo sonno-veglia) risultavano più bassi durante la Luna piena.

L'insieme dei risultati -hanno concluso i ricercatori- suggerisce che anche la specie umana non è immune agli effetti dei cicli lunari, pur non essendone pienamente consapevole.

Forse un retaggio, questo, di un lontanissimo passato in cui le attività e i comportamenti dell'uomo avrebbero potuto essere influenzati dai cicli lunari.

sabato 27 luglio 2013

AUTO | MOBILITA' SOSTENIBILE: ECCO COME GUIDARE IN MODO ECOLOGICO ED ECONOMICO

Un catalogo delle auto meno inquinanti, accompagnato da una serie di utili e pratici consigli da seguire nell'uso dell'automobile, ancor oggi il mezzo di trasporto più utilizzato, soprattutto nei grandi centri urbani.
Si chiama “Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di anidride carbonica delle autovetture 2013” e, come previsto dalla direttiva comunitaria 1999/94/CEE, prende in esame l'impatto che le automobili hanno sull'ambiente, stilando in proposito una graduatoria dei modelli che emettono meno anidride carbonica, suddivisi per alimentazione (benzina, gasolio, ibrida).
In tale contesto, una menzione speciale viene riservata ad alcuni modelli, che ottengono gli stessi risultati mediante l'utilizzo di GPL o metano.
Una sezione a parte, invece, è dedicata ai modelli di auto a trazione completamente elettrica (o con motore ausiliario a benzina)

Secondo il manuale, tra le automobili ibride a benzina, a minor impatto ambientale, spiccano le Toyota: la Prius Plug-in (49 g. di CO2/Km. percorso), la Yaris Hybrid (79) e l'Auris Hsd (84).
Il primo posto nella categoria delle ibride a gasolio è, invece, occupato dalla Volvo V60 Plug in Hybrid (48 g. di CO2), seguita a ruota dalle Renault Clio (83) e Twingo (85), entrambe equipaggiate con il 1.5 dCi.
Infine, la Kia Picanto è la meno inquinante delle auto a Gpl e a benzina, mentre la Fiat Panda è la migliore per benzina e metano.

Il resto della “Guida” si occupa di dare consigli pratici, come quello di evitare -in auto- quei comportamenti spesso dettati dalla fretta o dal nervosismo: come spingere continuamente sull'acceleratore al semaforo, per poi ripartire a razzo una volta tornato il verde, oppure tenere i finestrini chiusi e l'aria condizionata al massimo, solo per ascoltare la musica a tutto volume.
In questi casi, per inquinare di meno e risparmiare carburante, basterebbe veramente poco.

Tra i primi consigli, infatti, c'è quello di accelerare gradualmente, inserendo al più presto la marcia superiore; mantenere una velocità moderata ed il più possibile uniforme; guidare in modo attento e morbido, evitando frenate brusche e cambi di marcia repentini.
Stessa cosa, al contrario: rallentare in modo graduale, rilasciando l'acceleratore con la marcia innestata, spegnere il motore solo a veicolo fermo.
Ricordarsi, poi, di effettuare i controlli e le registrazioni previsti dalla casa costruttrice: in particolare, cambiare l'olio al momento giusto e smaltirlo correttamente; mantenere la pressione degli pneumatici entro i valori raccomandati.

Per limitare consumi ed inquinamento è, altresì, consigliabile togliere portasci o portapacchi subito dopo l'uso, portare nel bagagliaio solo gli oggetti indispensabili e non effettuare modifiche sul veicolo, con alettoni e spoiler.
E' importante sapere, inoltre, che il condizionatore dell'aria fa salire i consumi anche del 25 per cento, in certe condizioni d'uso: se il clima lo consente, meglio sarebbe aprire i finestrini, oppure l'areazione interna.

A quanto si apprende dall'Agenzia Europea per l'Ambiente, i dati relativi al nostro Paese parlano di una progressiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica, tanto che già nel 2011 è stato raggiunto l'obiettivo di 130 g/Km, fissato dall'Ue per il 2015.

In generale, i dati confermano la riduzione continua dei consumi, data anche la presenza della versione ecologica dei vari modelli di autoveicoli, in quasi tutti i listini della maggiori Case automobilistiche.

venerdì 26 luglio 2013

SALUTE | ALIMENTAZIONE: COME DIMAGRIRE MANGIANDO IL PANE

Quanti sono gli italiani e le italiane che riuscirebbero a fare a meno del pane nella propria dieta alimentare quotidiana?
C'è da scommetterci che, alla prova dei fatti, il loro numero sarebbe veramente esiguo.
Il pane, infatti, molto più di altri alimenti è considerato un vero e proprio nemico da tutti coloro che si accingono ad affrontare una dieta dimagrante.
Ad onor del vero tale affermazione, pur avendo un fondo di verità, non è del tutto corretta: molto dipende, infatti, dalla qualità del pane, che può essere di diversi tipi, ognuno dei quali con proprie e ben specifiche caratteristiche.

Premesso che il primo ed indispensabile ingrediente di una dieta corretta è il cosiddetto “buon senso”, proviamo a vedere come affrontare il problema, senza dover obbligatoriamente escludere il pane dalla nostra alimentazione.
Innanzitutto evitiamo di combinare, durante lo stesso pasto, pasta e pane, riso e pane e così di seguito, perché in questo caso finiremmo per dare ragione a chi dice che non si può praticare una dieta mangiando pane.
Opportuno sarebbe, invece, conoscere meglio le varie tipologie di pane con le relative caratteristiche e calorie, nonché le quantità da assumere.

Iniziamo con quello che viene denominato pane normale, realizzato con farina di grano tenero, più o meno ricco di mollica a seconda della lavorazione del panettiere, e contenente 269 calorie per 100 grammi.
È il pane maggiormente utilizzato, lo si trova regolarmente anche nei forni artigianali, dove viene in genere cotto nei forni a legna.
C'è poi la classica rosetta, una delle più amate dagli italiani, anche perché comoda da consumare per un veloce spuntino; è però più calorica rispetto al pane normale, visto che contiene 289 calorie per 100 g, ed è pertanto sconsigliabile, a meno che non se ne consumi nella quantità di semplice panino.

Il pane di segale, invece, è quello con meno contenuto calorico in assoluto, dato che contiene solo 219 calorie per 100 g. e, per questi motivi, potrebbe certo far comodo a chi non vuol rinunciare a qualche fetta in più a tavola ma -attenzione- ha il difetto di essere particolarmente ricco di sale, per cui sarebbe opportuno evitarlo.
Veniamo ora al pane integrale, in assoluto il più consigliabile, visto che è uno dei meno calorici con le sue 224 calorie per 100 g.: questo tipo di pane possiede, inoltre, parecchi vantaggi.

In primo luogo è particolarmente saziante, grazie alla grande quantità di fibre che contiene, fibre che aiutano altresì a regolare la funzione intestinale, viceversa messa a dura prova dall'ingestione del pane normale.
Un altro tipo di pane che appartiene a pieno titolo alla categoria dei più amati, se non altro dai bambini, è il pane al latte: gustoso, soffice e morbido.
Anch'esso, però con un difetto non trascurabile: le sue 295 calorie per 100 g., che lo rendono, di fatto, sconsigliabile in una dieta ipocalorica.

Infine, ecco il pane all'olio, uno dei più apprezzati e saporiti, ma anche in assoluto il più calorico con le sue 299 calorie per 100 g.; ciò che lo frega è l'apporto dei grassi utilizzati nella preparazione, addirittura 5,8 g. per ogni etto.
Anche dal panino all'olio, dunque, è meglio stare alla larga, a patto che non si vogliano ridurre notevolmente le quantità degli altri alimenti della nostra dieta, a compensazione dell'eccesso di calorie ingerite.

In conclusione, come appare da questa pur breve carrellata, bisogna dire che c'è pane e pane, e quindi non tutto va eliminato, anche se è necessario esercitare un'opzione a favore di quello che riteniamo il più adatto alle nostre esigenze.
Nel caso di una dieta ipocalorica, a scopo dimagrante, quello che meglio si adatta è certamente il pane integrale, soprattutto per il fatto che, a fronte di uno scarso peso calorico, possiede un alto valore saziante.
Convinti? Il pane, di per sé, non rappresenta un alimento nemico della nostra dieta, basta usare moderazione, oltre all'ingrediente indispensabile di cui abbiamo detto all'inizio, ovvero: il buon senso.